CORTESI


I CORTESI armaioli, detti  Torricelli.

I maestri da canne di Pistoia, i Guardiani di Anghiari, gli Acqua Fresca di Bargi, i Negroni di Brento, gli Zanotti.  Fabbri che sapevano forgiare   le parti di un fucile,  finirlo e  abbellirlo.  Maestri che, di qua e di là dell’Appennino fra Bologna e Arezzo, continuarono a costruire armi alla fiorentina fino agli anni ’30 dell’ottocento. Pistole e fucili di rinascimentale bellezza e di arcaica meccanica.  La  produzione del XIX° secolo (a percussione, a spillo e a fuoco centrale) perse gran parte dello  splendore che aveva avuto al tempo dell’accensione a pietra. La parte meccanica dei fucili divenne la scimmia dei contemporanei francesi  e inglesi e i fabbri  tosco-romagnoli si accorsero che la fucina era necessaria ma non più sufficiente.

Così alcuni di questi , per continuare a fare gli armaioli, si trasferirono in centri più grandi e, lentamente, si adeguarono  ai tempi nuovi e a qualche semilavorato dell’industria. Restava loro l’orgoglio del sapere accumulato da una decina di generazioni di artefici  e, soprattutto, l’incoercibile  vocazione a costruire fucili, imparando dal padre e insegnando  ai figli.  Altrimenti non sapremmo spiegarci  Giacinto Zanotti, ne’ gli  altri costruttori romagnoli del novecento, ne’ l’autodidatta Rodolfo Cosmi che, guarda caso,  era di Macerata Feltria.

In questo humus, sedimentato nell’arco di tre secoli, affondano le radici dei Cortesi armaioli, detti Torricelli.

Giuseppe (1879-1946), il capostipite, iniziò l’attività della sua officina di Vergiano riparando i fucili dei notabili di una Rimini primo novecento e  costruendo qualche doppietta ad avancarica e qualche monocanna per i cacciatori meno abbienti. Essendo fabbro, realizzò da sé le macchine necessarie. Ebbe quattro figli, Alberto, Salvatore, Alfredo, Virgilio e li crebbe alla morsa.

Durante gli anni ‘30, Alberto (1908-94) realizzò il suo primo sovrapposto, in calibro 28, terminato nel 1937. Che  l’arma prediletta dai Cortesi abbia le canne una sopra e una sotto non ci meraviglia; per questi armaioli “creativi” la doppietta, dopo la I° guerra mondiale, non  lasciava ulteriore spazio. Nello stemma della Casa, assieme all’arco di Ottaviano Augusto, campeggia un fucile a canne sovrapposte.

Salvatore, spirito strambo, nello stesso periodo viaggiò, si fece apprezzare a Roma, aprì un suo laboratorio a Rimini. Lui, che le doppiette le faceva, una all’anno lavorando da mattina a sera, concretizzò la propria creatività in uno “strano” e geniale fucile con tre canne lisce. In tarda età, tornò, ancora attivo, in famiglia.

Quando, dopo la guerra, arrivò a Vergiano la commissione prestigiosa, forse Alfredo e Virgilio pensarono che se Michele Lorenzoni, uno di loro, tre secoli prima aveva fatto un fucile a ripetizione per un  de’ Medici, loro potevano senz’altro fare una “semplice” tripletta per la Principessa Ottoboni. I due fratelli usavano il punzone F.lli Cortesi.

Virgilio e Nerio Cortesi è, invece, la firma che indica la produzione,  dopo circa il 1975, della maturità di Virgilio (1923-2011), coadiuvato dal figlio Nerio (1956-).

Oggi, Nerio continua a costruire fucili che ci lasciano stupefatti. Forse, qualcuno degli antichi gli  illumina la mente..

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